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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), IX, 37
 
originale
 
37. Tunc inter confertam trepidae multitudinis stragem e tribus iunior offenso lapide atque obtunsis digitis terrae prosternitur saevisque illis et ferocissimis canibus instruit nefariam dapem; protenus enim nancti praedam iacentem miserum illum adolescentem frustatim discerpunt. Atque ut eius letalem ululatum cognovere ceteri fratres, accurrunt maesti suppetias obvolutisque lacinia laevis manibus lapidum crebris iactibus propugnare fratri atque abigere canes adgrediuntur. Nec tamen eorum ferociam vel conterere vel expugnare potuere, quippe cum miserrimus adulescens ultima voce prolata, vindicarent de pollutissimo divite mortem fratris iunioris, ilico laniatus interisset. Tunc reliqui fratres non tam hercules desperata quam ultro neglecta sua salute contendunt ad divitem atque ardentibus animis impetuque vaesano lapidibus crebris in eum velitantur. At ille cruentus et multis ante flagitiis similibus exercitatus percussor iniecta lancea duorum alterum per pectus medium transadegit. Nec tamen peremptus ac prorsus exanimatus adulescens ille terrae concidit; nam telum transvectum atque ex maxima parte pone tergum elapsum soloque nisus violentia defixum rigore librato suspenderat corpus. Sed et quidam de servulis procerus et validus sicario ille ferens auxilium lapide contorto tertii illius iuvenis dexterum brachium longo iactu petierat, sed impetu casso per extremos digitos transcurrens lapis contra omnium opinionem deciderat innoxius.
 
traduzione
 
Durante quella carneficina di gente terrorizzata il pi? giovane dei tre fratelli inciamp? in un sasso e cadde ferito a un piede; subito i cani inferociti gli furono addosso e orrendamente dilaniarono le sue membra. Alle sue grida strazianti gli altri due accorsero in suo aiuto e, raccolto il mantello sul braccio sinistro, cercarono di allontanare i cani e di difendere il fratello con una fitta sassaiola. Ma non riuscirono n? a domare n? a respingere la ferocia di quelle belve e cos? quel povero giovane, le cui ultime parole implorarono vendetta contro quell'infame riccone, fatto a brani, spir?. I fratelli superstiti, allora, non tanto perch? disperavano ormai di salvarsi ma perch? non tenevano pi? in alcun conto la vita, si gettarono sul ricco e con un impeto furibondo lo assalirono a sassate. Ma quel sanguinario, gi? da tempo addestrato a imprese del genere, trafisse con un colpo di lancia proprio in pieno petto uno dei due. Il giovane, colpito a morte, bench? morisse subito, non cadde a terra in quanto la lancia trapassandolo da parte a parte, per la violenza del colpo, era rispuntata alle sue spalle quasi in tutta la sua lunghezza e s'era conficcata nel terreno sostenendo cos? quel corpo che vi rimase come appoggiato. Nel medesimo tempo un servo, alto e corpulento, correndo a prestar man forte a quell'assassino, da lontano, scagli? un sasso contro il terzo fratello, mirando al suo braccio destro, ma fall? il colpo e la pietra, sfiorando la punta delle dita, and? a cadere per terra, lasciandolo illeso anche se parve il contrario.
 

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